DAL DIARIO DI UNA VECCHIA PSICOANALISTA – LAURA SCHWARZ

UN’OCCASIONE MANCATA

“Ha visto che bel colpo?”

Così quel giorno aveva aperto la seduta Marco, ed il bel colpo era la strage di Capaci, avvenuta il giorno precedente.

Nel corso degli anni avevo citato più volte ad amici e colleghi questa incredibile battuta, che per me era divenuta il prototipo delle situazioni paradossali, ingestibili, in cui può venire a trovarsi uno psicoterapeuta; ed ogni volta, citandola, avevo fatto colpo su di loro, che in genere reagivano con sdegnate esclamazioni.

Solo recentemente, quando l’ho riferita ad una persona semplice, non addetta al nostro nobile lavoro, mi sono sentita replicare: “E tu che cosa hai risposto?”

Al momento avevo alzato le spalle, come a dire “cosa può mai rispondere uno psicoterapeuta ad una battuta del genere?”; ma in seguito ho cominciato a riflettere su quell’antico episodio, constatando innanzitutto che sempre, nel corso degli anni, mi ero ripetuta ed avevo ripetuto ad altri quella frase scandalosa, isolandola totalmente dal contesto in cui mi era stata rivolta.

Ho allora incominciato a ricostruire mentalmente tale contesto: era la psicoterapia di un adolescente, un figlio adottivo, che non andava bene a scuola e non soddisfaceva i genitori. Marco aveva accettato senza entusiasmo ma senza neppure opporvisi, la loro proposta di incontrarsi con me per alcuni colloqui, che, forse prematuramente, avevano assunto la scadenza regolare di un vero e proprio trattamento; Marco non veniva malvolentieri alle sedute, ma sembrava non capire a cosa dovessero servire; ed io, a mia volta, pressata dalle aspettative dei genitori e scoraggiata dalla prevalente indifferenza di Marco, vagolavo ancora alla ricerca di un qualche punto su cui far leva. Man mano che procedevo in questa ricostruzione storica riemergeva in me più chiaramente il ricordo di un Marco dall’atteggiamento generalmente conformista e perbenista, con però alcuni momentanei sprazzi di maggiore vivacità ed autenticità; in tali momenti anche la sua mimica si animava, assumendo un’espressione allusiva e leggermente provocatoria. Ecco, ora ricordavo che proprio quell’espressione aleggiava sul suo volto mentre, a mo’ di proiettile, mi investiva con la sua battuta scandalosa.

“Accidenti, che colpo!” ho commentato fra me, come se il colpo lo stessi ricevendo nel presente; per tanti anni invece avevo dato importanza soltanto alla frase di Marco, e non all’effetto che essa aveva avuto su di me.

Ora riemerse anche il ricordo di ciò che era avvenuto in seguito: quella seduta si era svolta “come se non fosse successo niente”: nessun accenno, nessun commento, né da parte mia né da quella di Marco, alla battuta sul bel colpo; e così era avvenuto anche nelle sedute successive. La terapia si era poi conclusa, o, per meglio dire, si era come spenta poco tempo dopo, senza che mai alcuna menzione alla battuta sul bel colpo comparisse più nei nostri discorsi; essa era quindi rimasta fin dal primo momento impressa nella mia memoria, ma scissa e totalmente isolata dal contesto relazionale in cui era stata pronunciata e recepita.

Percepito come se fosse avvenuto nel presente il colpo infertomi da Marco con la sua battuta, sono stata costretta a riconoscere che al momento dei fatti la mia funzione di analista era stata del tutto latitante; ma, cosa ben più grave, ho anche riconosciuto di non avere esercitato tale funzione neppure nelle sedute successive, dato che fino alla fine della terapia la battuta era stata semplicemente dimenticata; e infine mi sono dovuta rendere conto di una cosa ancora più sorprendente e riprovevole: cioè che, in seguito e fino ad oggi, dalla mia memoria erano scomparsi sia il ricordo di Marco che quello del breve percorso che avevamo compiuto insieme, mentre la famosa battura vi continuava a troneggiare in splendido isolamento. E con questo così tardivo riconoscimento ho inferto un nuovo brutto colpo al mio narcisismo professionale.

Appena presa coscienza di questa sequenza di defaillances, ho provato a spiegarmele col senno di poi: in un primo momento avevo istintivamente tacitato il mio scandalizzato stupore proprio perché Marco era un paziente, che non volevo né dovevo investire con la violenta reazione di rifiuto che avrei potuto manifestare ad un interlocutore qualunque; e neppure poi, nel corso della seduta, ero riuscita ad elaborare la mia reazione, trasformandola in una risposta analiticamente appropriata; ma neanche in seguito vi ero riuscita, poiché la mia mancata reazione aveva come afflosciato Marco, rendendo più difficile il nostro contatto, che infine si era anch’esso definitivamente afflosciato, complice l’interruzione per le vacanze estive.

La spiegazione di questa infelice sequenza non cancellava comunque il fatto che non ero stata all’altezza del mio compito; e quindi Marco non aveva trovato in me l’interlocutore che inconsapevolmente cercava, cioè un adulto che, non pretendendo da lui un passivo e conformistico allineamento, riuscisse ad entrasse in contatto con il suo vivace ma arruffato mondo interiore.

“Ed ora ne sarei all’altezza?”, mi sono chiesta dopo essermi rammaricata e fustigata a sufficienza. Come per mettermi alla prova, mi sono nuovamente tuffata nel passato, rivivendo la vicenda come se avvenisse al presente, ma in versione rinnovata: ora fra me e Marco si intrecciavano animati dialoghi, con frequenti allusioni ed associazioni al tema del “bel colpo”, senza alcuna interferenza di miei atteggiamenti sprezzanti, e men che meno collusivi. E nel prosieguo della terapia la matassa dell’arruffato mondo interno di Marco a poco a poco si sbrogliava, e riassestandosi trovava accesso ad una più ricca ed articolata comunicazione col mondo esterno, ed a modalità di rapporto più evolute dell’inconsapevole provocazione.

Poi mi sono ritrovata nel presente, sola e col rimpianto per ciò che a suo tempo non era accaduto. Qualcosa di nuovo è però accaduto nel frattempo in me: essendosi ricomposta un’antica scissione, ora alberga in me non più il ricordo isolato di una clamorosa ed incredibile battuta, bensì il rimpianto per un’occasione mancata; ed, assieme al rimpianto, la speranza che questa tardiva reintegrazione avvenuta dentro di me possa ancora essere utile a qualcuno.

Di Marco, oggi circa quarantenne, invece purtroppo non ho più saputo nulla.

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Un’occasione Mancata