Sogno o son desta? – mi sono chiesta riemergendo dalla lettura del visionario: La via semplice della psicoterapia per iniziati e maestri. Sì, perché questo libro, sospeso tra sogno e realtà, esile solo in apparenza, ha il pregio di esplorare i territori di confine dell’umano, nei quali l’atmosfera è rarefatta e il silenzio è d’obbligo. A conversare sul senso della psicoterapia ci pensano gli autori. A noi lettori, la scelta di coglierne o meno le suggestioni. Un po’ come accettare di farsi bagnare da una pioggerella sottile, che un po’ penetra nelle ossa e mette anche i brividi, resistendo alla tentazione di aprire subito l’ombrello per schivarla. Scelta bizzarra per alcuni, ma tant’è.
Riguardo agli autori, uno è un terapeuta di lungo corso, oltre che pittore. L’altro è un orientale, tale Nashimura Eiji, di professione saggio. Che, in quanto tale, non si colloca sulla linea del tempo perché la trascende. Parla per metafore e aforismi. Le sue particole di sapienza non risultano immediatamente comprensibili. E non rimandano ad un sapere univoco. Definitivo. Sollecitano domande più che suggerire risposte. Nashimura si ispira ora a Lao Tzu, ora a Confucio o ad altri saggi dai nomi impronunciabili. Pur avendo retroterra culturali assai diversi, entrambi condividono l’avversione per i saperi dogmatici, per le frasi di maniera, per i cliché, per le soluzioni chiavi in mano, per il “naturalmente tutti conoscete il tale studioso o il tale scritto”. Entrambi pensano che ciò che attiene all’umano confini con le scienze dello spirito più che con il conteggio statistico. Non per nulla ricorrono spesso alla pittura e alla poesia che, più di altri linguaggi, sanno cogliere con immediatezza l’essenza dell’umano. Intendono l’arte come esperienza sensoriale, estetica, che arriva direttamente alle viscere. Che avvicina. Accomuna. Addolcisce.
Entrambi ritengono che le varie antinomie: ragione e sentimento, scienza e arte, linguaggio esplicito e metaforico, vita e morte, vadano considerate come parti di un tutto, per preservare l’integrità dell’umano.
Questo libro sembra il frutto di un percorso di vita. Precisamente della fase matura, in cui ci si interroga maggiormente sul senso del proprio lavoro e del proprio stare al mondo. E così, si può scegliere di condividere, senza pretesa alcuna, ciò che si è appreso dagli incontri fortuiti, dagli errori, dallo studio, dagli scambi. In una parola dall’esperienza. Sto parlando di merce rara. Che normalmente non si trova sfogliando le pagine di un libro. Ma questo fa eccezione.
Fulvia Ceccarelli