Locke – recensione di Roberto Calatroni
Avete mai provato a percorrere una strada trafficata di notte, da soli, rinchiusi nell’involucro rassicurante della vostra macchina? Le luci dei lampioni e i fari delle auto che incrociate riflettono bagliori intermittenti sul vostro volto mostrando a un ipotetico spettatore nascosto nell’abitacolo l’espressione dei vostri pensieri più profondi.
Lo sceneggiatore e regista Steven Knight ci pone nella posizione di quell’osservatore indiscreto, che assiste nell’arco temporale di un’ora e mezza effettiva, allo stravolgimento dell’esistenza di un uomo.
Ivan Locke (interpretato da Tom Hardy), capo cantiere presso un’importante impresa di costruzioni, si mette in viaggio al termine di una faticosa giornata di lavoro. Direzione Londra, dove lo aspetta una donna che sta per partorire suo figlio. Altrove la moglie e i figli si preparano ad accoglierlo per assistere a una partita in televisione.
Le telefonate di Ivan svelano, un chilometro dopo l’altro, l’intento narrativo del film: raccontare il momento di svolta nella vita di un uomo comune. La scelta di raggiungere Bethan, che ha deciso per disperazione di tenere il bambino generato nell’avventura di una sola notte, lo costringe ad abbandonare il posto di lavoro proprio nel giorno della più importante colata di calcestruzzo nella storia dell’azienda. Ivan parte e, nonostante il licenziamento annunciato dai responsabili, coordina a distanza la realizzazione del progetto, con l’abituale professionalità, pur nel momento personale più difficile. Nella corsa verso l’ospedale confessa il tradimento alla moglie, determinato nelle sue scelte e consapevole del rischio di perdere ogni cosa.
Locke è un breve trattato sull’assunzione di responsabilità. Nel viaggio introspettivo del protagonista fino all’origine del trauma (l’abbandono del padre), scopriamo che la scelta di non replicare l’atto subito diviene l’unica possibilità di riappacificazione con la propria sofferenza. La consapevolezza e la paura delle conseguenze non frenano l’unica azione ritenuta moralmente giusta, tanto che il cambiamento inevitabile, ossia la perdita (del lavoro e della famiglia) non porta alla distruzione completa e, nella metafora proposta, l’edificio della nuova vita ha già pronte solide fondamenta su cui essere innalzato.
Qui potete vedere il trailer del film.